Recensione: La Resa, di Vargas

L’atmosfera più adatta ai cimiteri è un cielo garbatamente annuvolato, temperatura fresca e poco vento. In scenari luttuosi, un sole vivace rischia di risultare inopportuno, il caldo renderebbe difficile portare la divisa del cordoglio e, in linea di massima, è sempre meglio piangere i propri cari senza doversi preoccupare delle correnti d’aria che bastonano il naso con generose manciate di polline votivo.
Quel giorno, al cimitero di Montebasso, c’era un tempo inopportuno.


Comincia così, La Resa. Un romanzo che parla dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, impersonati dagli archetipi dell’Eroe e del Necromante, acerrimi nemici che si combattono da prima della Storia. Finché un giorno non si stufano, fanno un accordo e provano a vivere una vita ritirata, senza intervenire più nelle beghe degli umani. Ma il loro è un Destino con la D maiuscola e quindi le cose non vanno mai come vorrebbero.

Ambientato tra il Centro Italia e New York, con qualche gita turistica in giro per i secoli, Vargas ci dona un romanzo che si potrebbe ascrivere allo Urban Fantasy. Dal piglio ironico, ma con scene di una crudezza ragguardevole, il libro scorre meravigliosamente.

La trama a volte risulta un po’ caotica, ma poco importa in quanto a brillare di luce propria sono i personaggi.

Gabriela è una bambina angelica che vive a Montebasso con i suoi genitori. Pur essendo piccola e adorabile, non sopporta le ingiustizie (è pur sempre l’Eroe) ed è proprio prendendosela con un bullo a scuola che scatenerà una serie di eventi che porteranno il sonnacchioso paesello sulle prime pagine dei giornali.

Neri è il custode del cimitero di Montebasso. Combatte la solitudine resuscitando l’occasionale salma (è pur sempre il Necromante) per scambiare quattro chiacchiere e mangiare qualche biscotto in compagnia. Ma le sconsiderate azioni di Gabriela lo costringeranno, suo malgrado, a dover attingere ai suoi poteri più alti.

E poi c’è Bestemmia. Bestemmia è una creatura ignobile, triste, sconsolata e deforme che attraversa tutta la narrazione fino a un climax che ha un sapore dolce amaro.

A intervallare questa narrazione contemporanea ci sono numerosi salti nel passato, dove possiamo vedere le varie incarnazioni dell’Eroe e del Necromante combattersi, morire e rinascere.

Come detto: il romanzo è intriso di ironia ma ha una vena profondamente nostalgica, quasi un po’ rassegnata. Gli occasionali spruzzi di sangue (conditi di marcescenza, ossa putride e creature mostruose) danno un ritmo tutto particolare alla storia e fanno in modo che le quasi 500 pagine volino.

Il visitatore si girò, per controllare chi gli fosse arrivato alle spalle. Aveva la testa coperta di capelli corti e grigiastri e un volto stanco dai tratti mediorientali. Vestiva un caftano stazzonato che aveva visto giorni migliori.
− Scusi. Io sto ancora uno poco qui. Saluto mia moglie, − gli rispose, articolando la frase alla meglio.
Neri si sporse per leggere il nome sulla lapide: TERZO BUBBOLA, 1898-1943, MILITE E PATRIOTA.
L’uomo aggiunse: − Tomba di un altro. Lei è morta mentre fuggiamo. Non è seppellita. Se la saluto qui o da altra parte è lo stesso. Tanto anche viva non mi ascoltava, − rise mettendo in mostra pochi denti mal conservati.


Un libro consigliato a tutt* quell* che credono che il fantasy italiano sia banale.

Vargas è un autore di narrativa, giochi di ruolo, editor un po’ ovunque e redattore presso Malgrado le Mosche. Ha pubblicato altri due romanzi, più una serie di racconti in antologie e riviste letterarie come La Nuova Verdǝ, retabloid, Micorrize e Inquieto. È co-creatore del gioco di ruolo UNIT e fondatore del Coro Terroristico Maceratese, due cose che, appresso a una certa destrezza nel preparare i falafel, rimangono per lui unici motivi d’orgoglio.

Titolo: La Resa
Autore: Vargas
Editore: Zona 42
Collana: I libri dell'Iguana
Pagine: 476, brossura
Anno edizione: 2023

C’erano una volta i blog - una storia nostalgica e qualche trucco per chi è appena arrivato.

Benvenute creature in quello che potrebbe essere solo il primo di una lunga serie di post sulla nostalgia per il web che fu. 

Prima di immergervi nella mia labirintica narrazione ecco cosa troverete in breve: internet pre-social, cosa erano i blog, perché un blog oggi, quali vantaggi hanno, come raccogliere gli aggiornamenti di diversi blog in un unico posto.

***

Chi è relativamente giovane forse non ha presente quanto sia cambiato il web negli ultimi dieci anni. L’avvento dei social media e la centralizzazione dei contenuti su due/tre grandi piattaforme non è sempre stato lo standard. Google era solo un motore di ricerca (un buon motore di ricerca, tra l’altro). Instagram era solo un posto dove pubblicare le proprie foto. Facebook era solo un posto dove aggiornare sulla propria vita amici e conoscenti. I video li trovavi solo su YouTube. La cosa più importante: eri tu che andavi a cercarti la roba che ti interessava, non esistevano sistemi che ti scodellavano la pappa pronta in una pagina “Per te”.

Chi stava online nei primi anni duemila aveva molte più opzioni: MySpace, dove seguire artisti musicali; i forum, dove si ritrovavano grandi comunità che giravano intorno a una passione comune; i blog.

I blog (contrazione di web-log) sono pagine personali che funzionano un po’ come un diario. Sono gratis in quanto ospitati su una piattaforma dedicata. Ogni articolo è corredato da data e ora e i post più recenti stanno in cima. Puoi usare categorie (tag) per dividere i post per aree tematiche. Una cosa figa: ogni post ha un link univoco (e stabile) che puoi spacciare ovunque. E i contenuti sono ricercabili quindi non perdi nulla in giro come succede con i social.

Ma perché un blog oggi?

Se siete qui è perché vi piace leggere e forse vi piace pure scrivere. Lo sapete da dove viene la MIA passione di scrivere? Dal mio primo blog.

Uno screenshot del mio primissimo blog preso dall'internet archive
Uno screenshot del mio primissimo blog preso dall'internet archive

Un blog è una macchina fantastica per la creatività, ma anche per creare l’abitudine di scrivere ogni giorno, per affinare quei meccanismi (scrivi, ti viene un dubbio, fai una ricerca, chiarisci il dubbio, continui a scrivere e via così) che servono anche a chi scrive storie vere (e non sterili elucubrazioni come queste mie).

Inoltre, è uno spazio relativamente libero. Puoi scriverci fondamentalmente quello che vuoi.

Oggi le piattaforme principali per il blogging sono Blogger e Wordpress, ma rispetto al passato hanno moltissime limitazioni (oppure semplicemente non ci vengono più investite energie e risorse). E non dimentichiamoci di Tumblr, che nonostante tutto resta una piattaforma di microblogging.

Alternative oggi molto gettonate sono Medium (non personalizzabile ma credo tu ci possa scrivere quello che vuoi e i tuoi scritti vengono promossi sulla piattaforma) e Substack che però è più una newsletter che un blog e ha un problema di infestazione da parte di gruppi di estrema destra.

Un’ulteriore alternativa è un sito personale, che però richiede almeno l’investimento nel dominio e l’hosting. Ma una volta che hai quelli hai anche una casa tutta tua nel web, con cui puoi fare quello che vuoi senza nessuno che possa dirti un cavolo.

Ok, ma se a me piace leggerli, i blog?

Come si faceva una volta a leggere tutti i blog che ti piacevano? Certo, i singoli provider hanno strumenti interni che permettono di iscriversi a tutti i blog di quella piattaforma. Ma se vuoi seguire blog ospitati su diversi siti? In quel caso si usano i feed RSS.

RSS sta per Really Simple Syndication (non è vero, ma facciamo finta) ed è un formato di distribuzione dei contenuti web. Ogni blog e sito ne ha uno (anche oggi, incredibile!). Esistono programmi (app o siti) che possono raccogliere questi contenuti, in modo che tutti gli aggiornamenti dei propri blog e siti preferiti restino in un posto solo. Comodo, vero?

Il mio RSS feed preferito una volta era Google Reader. Poi l’hanno eliminato (maledetti). Oggi io uso Feedly, che al netto delle limitazioni, è quello che ti dà di più. Basta fare un account e aggiungere gli URL dei blog e dei siti che ti interessano e voilà: non ti perdi nemmeno un articolo.

Recensione: Povere Creature! di Alasdair Gray

 

“E Candle, oltre al nostro fidanzamento ricorderò sempre quanto spesso venivi a trovarmi ai vecchi tempi e mi ascoltavi suonare la pianola per te e come mi facevi sentire una donna bellissima baciandomi sempre la mano, dopo.”

“Bella, in vita mia ti ho visto solo tre volte e questa è la terza.”

“Esatto!”

Oggi è il giorno in cui finalmente scoprirete l’entità della mia incompetenza. Mi definisco una cialtrona entusiasta perché sono sì una lettrice, ma non ho studiato.

Ma come mai questo discorso pregno di autocommiserazione? Perché oggi mi accingo a parlare di “Povere Creature!” di Alasdair Gray. Un libro che mi è piaciuto da morire. Ma non so dirvi perché.

Povere Creature! é il libro che ha ispirato il film di Lanthimos candidato agli Oscar ed è stato scritto nel 1992.

La storia è presto detta: Archibald McCandless è un chirurgo che durante gli studi conosce il deforme ma geniale Godwin Baxter, figlio d’arte di un medico spregiudicato.

Godwin, affamato d’amore, compie l’impensabile. Riporta in vita una donna che si è uccisa buttandosi nel fiume. Per farlo le trapianta il cervello del bambino non ancora nato che portava in grembo. Da lì in poi seguiremo le rocambolesche avventure di questa creatura frankesteiniana che per una volta ha un nome: Bella Baxter.

Il libro in sé è quasi uno pseudobiblion in quanto si compone di diverse parti:

  • Un’introduzione da parte di Alasdair Gray, che si pone come mero curatore dei testi;
  • Il diario di Archibald McCandless che narra gli avvenimenti;
  • La lettera di Bella Baxter che narra tutta un’altra storia;
  • La lettera di “Victoria McCandless”, che ribalta ancora una volta tutta la narrazione.

Premetto che non ho visto il film. So che tratta solo una parte della storia e che la dipana in maniera diversa. Lanthimos ne aveva parlato con Gray in persona, prima della sua morte nel 2019, quindi immagino sapesse cosa stava facendo.

Questo libro, stratificato fino all’inverosimile tra testimonianze, lettere e controlettere, parla fondamentalmente di una cosa sola: della presa di coscienza di Bella, che da bambina curiosa diventa una donna affermata.

Mentre parlavano serrai i denti e i pugni per impedire loro di mordere e graffiare quegli uomini intelligenti che non vogliono curari i piccoli indifesi malati, che usano le religioni e la politica per rimanere comodamente al di sopra di tutto quel dolore, che trasformano le religioni e la politica in pretesti per diffondere la miseria con il fuoco e la spada e come potevo fermare tutto ciò? Non sapevo cosa fare.

E mentre Bella scappa insieme a Wedderburn e impara che il mondo è un posto orribile ma anche meraviglioso, McCandless e Godwin sono a Glasgow, ad angustiarsi e ad aspettare le lettere di Bella. Bella che alla fine torna, sposa McCandless e si iscrive all’Università per diventare il primo medico donna del Regno Unito.

Potrei parlarvi dell’ambientazione gotica, del linguaggio di Bella che diventa più forbito con il passare del tempo, dei discorsi profondi e filosofici tra Candle e Godwin, ma sono sicura che c’è gente più competente di me che ne ha parlato meglio

Per me è stata una lettura appassionante, divertente, commovente e brillante. Bella è un personaggio incredibile. Una forza della natura, una donna senza passato che non ha paura e non ha freni. Dice quello che pensa, prende quello che vuole e ragiona in maniera lucidissima.

Godwin è un disperato, un uomo complicatissimo ma con un cuore grande. Quando si rende conto che non potrà mai avere Bella come compagna, trova la forza di lasciarla andare per la sua strada, come il migliore dei genitori.

McCandless è francamente patetico, ma ci piace così. Resta ad aspettare Bella che gli ha promesso che lo sposerà.

Ma la donna che è affogata nel fiume? Quella che diventerà Bella Baxter? Chi era veramente? Fatevi sorprendere e correte a leggere questo meraviglioso libro.

Autore:  Alasdair Gray
Traduttrice: Sara Caraffini
Editore: SafaràEditore
Anno edizione: 2023
Pagine: 408 p., ill. , Brossura

Recensione: Exit Reality di Valentina Tanni

Quello che mi tiene connessa, ancora oggi - il vero nucleo della mia dipendenza da internet - è il piacere di sentire questo brulicare del mondo, di percepire la presenza degli altri, di lasciarmi sorprendere dalla complessità dei comportamenti, delle parole, dei suoni e delle immagini che ogni minuto si riversano in rete.

Uno dei saggi più interessanti che ho letto negli ultimi mesi. Exit Reality di Valentina Tanni, uscito nel 2023 per Nero Editions è prima di tutto un'analisi documentata dell'evoluzione delle correnti estetiche e culturali scaturite da internet negli ultimi due decenni. Ma dopo poche pagine ci si accorge che il libro contiene anche materiale che fa riflettere profondamente sul concetto di comunità.

Ecco come lo presenta l'editore: Exit reality è il primo tentativo di mappare un mondo che, intriso di spiazzanti qualità allucinatorie, ci appare come un pianeta parallelo emerso dalle galassie del codicespazio.

Attraverso i diversi capitoli, l'autrice analizza tutte le sottoculture che si sono sviluppate online: dalla vaporwave al dreamcore fino alle backrooms, quintessenza degli spazi liminali.

Viene analizzato il concetto di lore, viene sviscerato il fenomeno delle fanfiction e dei creepypasta e si cerca di capire cosa trovano così tanti giovani in certe aesthetics (o vibes) come la dark academia o il cottagecore. La narrazione è spesso punteggiata da immagini e commenti trovati online e il saggio è pieno di riferimenti a pezzi musicali da ascoltare o video da guardare. 

La velocità e il sovraffollamento dell'ecosistema informativo, insomma, non generano una maggiore conoscenza del mondo esterno; al contrario, innescano un movimento vertiginoso che punta verso l'interiorità.

Leggendo, sono rimasta stupita da quanto mi sono ritrovata nelle parole dell'autrice quando parla del suo peregrinare per il web e il trovare sempre nuove e interessanti cose da studiare. Il web è casa mia da quasi due decenni e pur non facendo parte della prima onda, è un posto che mi ha plasmata e formata (nel bene e nel male). Ma mi ha fatto anche scoprire cose nuove come la musica vaporvawe e hyperpop, da cui ora sono completamente ossessionata. 

Non mancano ragionamenti su cosa, nel concreto, porti queste comunità insieme. Cosa porta migliaia e migliaia di persone a creare media di estetica doomcore:
In molti di questi video la questione implicita, mai nominata ma ben individuabile, è l'incombere della tragedia, l'approssimarsi della fine. L'apocalisse si sta avvicinando; quello che possiamo fare è sentirci vicini, condividere sentimenti. 

Questo libro per me è stato un po' un viaggio nel tempo, con finestre che davano su giardini di cui non conoscevo l'esistenza

Un saggio che ogni appassionato di comunità virtuali dovrebbe leggere.

Recensione: Streghe all'Opera di Terry Pratchett

Premettiamo una cosa: parlare di recensione è eccessivo. Le mie sono impressioni. Parlo delle sensazioni che mi ha lasciato un libro. Parlo di quello che mi ha colpito, di quello che mi è piaciuto e di quello che invece mi ha lasciato indifferente o, peggio, che mi ha fatto storcere il naso. E questo si applica a tutti gli articoli di questo malaugurato blog.

Ok, ora passiamo a Streghe all’Opera di Terry Pratchett uscito nell’Anno Domini 2023 per i tipi di Salani. E qui parte la solita polemichetta: il libro è uscito nel 1995. In Italia non è ancora stata tradotta l’opera omnia di Pratchett. I diritti sono di Salani che ne fa uscire uno ogni boh, cinque anni? Ci sono intere serie che sono ad oggi monche in lingua italiana (il ciclo delle Guardie, quello di Scuotivento, quello di Tiffany Aching, per non parlare dell’intero ciclo di Moist von Lipwig) per colpa di Salani che pensa solo a riproporre l’ennesima edizione da collezionista di Harry Potter. E le copertine prese dalle foto stock di Adobe? Ne possiamo parlare?

Bon basta.

Pratchett si è sempre divertito a prendere scenari conosciuti e trasporli nel Mondo Disco: è successo con l’antico Egitto con Maledette Piramidi, con Hollywood in Stelle Cadenti e con Babbo Natale in Hogfather (uscito stranamente anche questo nel 2023).

In questo caso il romanzo è ambientato nel mondo eccentrico dell’Opera.

Agnes Nitt è una ragazza in cerca della sua identità che se ne va dal paesello di Lancre per recarsi nella grande Ankh-Morpork per provare a sfondare nello spettacolo. Alle sue calcagna avrà Nonna Weatherwax e Tata Ogg, anziane streghe rimaste a corto del terzo elemento. Perché si sa: “Tre streghe facevano una congrega. Due streghe facevano solo chiasso.”

Ad Ankh-Morpork il fulcro della narrazione è il Teatro dell’Opera, all’interno del quale una strana fauna cerca di portare a casa la pagnotta senza troppi incidenti. “Lo spettacolo deve continuare” è il loro motto, anche quando cominciano a piovere (letteralmente) cadaveri. Che il colpevole sia il misterioso Fantasma che infesta il Teatro dalla notte dei tempi?

Il romanzo fa parte della serie dedicata alle streghe (per y nerd: è il 18esimo romanzo dei 41 ambientati nel Mondo Disco, il sesto del ciclo delle streghe) e ci offre alcuni personaggi amatissimi, come Nonna Weatherwax, arcigna strega di poche parole, e Tata Ogg, simpatica vecchina con un’etica discutibile. E poi Agnes Nitt, vera protagonista di questo romanzo. Ragazza intelligente e ingombrante, vuole sfuggire alle sue origini provinciali e al suo futuro di strega e rincominciare, diventando una donna un po’ misteriosa, tanto da farsi chiamare Perdita. Ha uno straordinario talento canoro, ma il suo aspetto non le permetterà di stare sotto le luci della ribalta.  

Oltre ad Agnes abbiamo Walter Plinge, il tuttofare del Teatro, un sempliciotto non particolarmente brillante che sotto la penna dell’autore diventa un personaggio sfaccettato e profondo. Poi abbiamo il proprietario del Teatro, un ex-formaggiaio che pensava di trovare una facile attività post-pensione nell’amministrazione dell’Opera, ma che dovrà dibattersi in un numero di situazioni assurde che gli faranno rimpiangere l’investimento. E Christine, la primadonna del Teatro, che parla mettendo punti esclamativi anche alle domande, stupida come una pigna ma con il cuore buono.

In tutta la narrazione possiamo godere non solo del tono ironico a cui Terry Pratchett ci ha abituato, ma anche di una particolare dolcezza nel tratteggiare i numerosi personaggi. E poi il suo ribaltare gli stereotipi per farci riflettere.

La stazza di Agnes, per esempio, ci viene esposta. Ma non le sarà mai di impedimento, non viene mai derisa né viene usata come facile stratagemma per caratterizzare il personaggio. Ma non è che Agnes non si faccia cruccio di questa cosa: si rende conto che il suo peso è qualcosa che la rende diversa.

“Era la mancanza di scelta a bruciare. Nessuno le aveva chiesto, alla nascita, se voleva un carattere meraviglioso o se preferiva, diciamo, un pessimo carattere in una taglia 44.”

Bene: il romanzo l’ho presentato, la disamina l’ho fatta. Manca qualcosa?

Ovviamente mi è piaciuto! È Terry Pratchett!

Lo consiglio a chi ama ridere, a chi piacciono i romanzi umoristici, a chi ama la buona scrittura e a chi vuole ampliare i propri orizzonti nel fantasy. Il Mondo Disco è lì che vi aspetta. 

Qui potete acquistare il libro da BookRepublic, il rivenditore di ebook che personalmente apprezzo maggiormente.

Post popolari