Recensione: Sono Fame di Natalia Guerrieri

 


Pidgin Edizioni, 2022

247 pagine

Ho comprato questo libro al Salone del Libro di Torino ma sono riuscita a leggerlo solo ora.

Avevo letto l’esordio di Guerrieri, “Non muoiono le api”, in aprile e ne avevo scritto nella newsletter. Questo romanzo l’ho trovato più maturo, più crudo. Se “Non muoiono le api” poteva essere ascritto alla corrente Solarpunk e che nonostante la sua atmosfera tetra aveva una vena di speranza, qui parliamo di un romanzo completamente diverso. È un ritratto surreale di una realtà presente.

 Dalla quarta: Nella capitale tentacolare, insaziabile catalizzatrice delle logiche della prevaricazione, le rondini schizzano da una zona all’altra per portare ogni genere di cibo ai clienti che aspettano affamati dietro porte socchiuse. Chiara è una di loro: le sue giornate sono scandite da una chat sempre attiva attraverso cui ogni suo gesto viene monitorato.  

 Quello che trasuda da queste pagine è la stanchezza della protagonista, la sensazione di non avere scampo, di essere rinchiusa nel recinto delle logiche di mercato, la speranza di emergere sempre più sbiadita all’orizzonte. Credo che sia un ritratto crudele ma realistico delle ambizioni tradite dei ragazzi di oggi, costretti da una parte a impegnarsi a fondo per essere intelligenti, brillanti, pronti per il futuro, dall’altra a dover fare gavetta, farsi umiliare e servire a capo basso i “grandi”. Sullo sfondo una città abbruttita, calda, soffocante e piena di disagio. Il disagio della povertà, della solitudine, il brutto che ti sbatte in faccia a ogni cantone. E il tutto scandito da una chat che spinge Chiara a lavorare lavorare lavorare per far salire il punteggio, far aumentare i bonus. Trovo sia un ritratto molto calzante di quella gig economy che sembra stia finalmente venendo vista per quello che è: sfruttamento senza garanzie né diritti del lavoratore.

 Qui un pezzo del processo di selezione delle rondini:

“Mi chiamo Irene, Ho scoperto Envoyé su internet. Si lavora quanto vuoi e dove vuoi. Mi piace un lavoro senza vincoli. Mi piace andare in bici per la città.”
“Sei fortunata Irene, sei molto fortunata, lo sai? Perché questo è un lavoro speciale. Essere rondine è speciale.”
L’uomo tatuato si è fatto avanti e di sua iniziativa ha detto, “Sono Kevin. Anche per me è così. Sono d’accordo con quello che ha detto.”
Carlo ha alzato le mani verso il cielo.
“Un applauso! Più forte! Più forte!”
Io cercavo di essere più decisa, di farmi sentire. L’impressione che avrei fatto al colloquio sarebbe stata il mio lasciapassare per la capitale.

Questa energia da setta religiosa, una tendenza che nella new economy si è diffusa a macchia d’olio, è stata dipinta in modo meraviglioso dall’autrice e mi ha fatto venire i brividi. Brividi e una stretta allo stomaco che mi hanno accompagnato per tutta la lettura, mentre Chiara affronta una dopo l’altra porte che le si chiudono in faccia.

Consigliato a chi vuole un libro veloce, crudele, con una protagonista sfaccettata e un’ambientazione urbana realistica.

Sconsigliato a chi sta cercando una lettura confortevole.

Recensione: Raccontare la fine del mondo di Marco Malvestio

« In un articolo del 2015, Jan Zalasiewicz e il suo tema di ricerca hanno proposto come data di inizio dell’Antropocene proprio ‘il momento della detonazione della bomba atomica Trinity alle 05 :29 :21 del 16 luglio 1945. L’esperimento Trinity segna il momento a partire dal quale è pienamente rilevabile, a livello stratigrafico, la presenza massiccia di radionuclidi artificiali (…) in altre parole, il peso della specie umana come forza geologica »

Raccontare la fine del mondo di Marco Malvestio è un breve saggio che parla delle diverse apocalissi raccontate dalla fantascienza. Edito da Nottetempo, il saggio è diviso in 5 grandi aree tematiche. Ogni tema contiene sia un grande archetipo delle distopie fantascientifiche, sia una lucida analisi della storia umana in relazione a quel tema.

Marco Malavestio è nato nel 1991. Lavora all’università di Padova, dove, in collaborazione con la University of North Carolina at Chapel Hill, gestisce un progetto di ricerca su fantascienza italiana ed ecologia (fonte: marcomalvestio.com).

Ma parliamo del libro.

Si parte a razzo già dall’introduzione, dove si cerca di capire cosa sia (ma soprattutto cosa non è) la fantascienza e l’Antropocene. In seguito Malvestio ci parla dell’atomo : di come la guerra fredda abbia influenzato la cultura popolare e di come l’energia atomica abbia una doppia natura, creatrice e distruttrice. Un tema anche oggi molto attuale, con una frangia di ambientalisti che insiste per un ritorno massiccio delle centrali nucleari.

Il secondo macro-tema è quello delle malattie. « Insomma, nella ricerca disperata del ‘paziente zero’ e del luogo del salto di specie si cela l’ansia di lungo corso per la contaminazione, da parte dell’Oriente e dell’indigeno (intesi in senso ampio come concetti culturali prima che geografici), del corpo sano dell’Occidente ». Qui viene approfondita un’opera di Mary Shelley, L’ultimo uomo e si parla anche di come la gestione neoliberale delle risorse causi spesso grandissimi problemi di salute pubblica.

Il terzo capitolo è dedicato all’elefante nella stanza : il cambiamento climatico. Qui si comincia a parlare di iperoggetti (un concetto che non conoscevo), ovvero « entità diffusamente distribuite nello spazio e nel tempo ». Ma si parla anche di approcci diversi rispetto alle narrazioni apocalittiche e/o distopiche come per esempio il solarpunk. Vi lascio qui il link a un cortometraggio nominato da Malvestio che mi è piaciuto molto (in inglese): https://youtu.be/iPD-mvR6C-M?feature=shared

Il quarto capitolo è stato forse il mio preferito : le piante. In questo capitolo Malvestio ci parla di come le piante, onnipresenti nel nostro ambiente, non vengano considerate, anzi nemmeno viste, dall’essere umano come agenti ambientali. Le pensiamo meno evolute e meno importanti, vivono a un ritmo completamente diverso dal nostro e non siamo abituati a pensare alle piante come veri e propri esseri viventi. Poche opere di fantascienza le hanno usate come espediente narrativo, ma sono opere visionarie.

L’ultimo capitolo parla invece del regno animale e soprattutto di specismo. Da dove viene l’idea di scrivere di animali mostruosi, di animali che si ribellano al genere umano ? Che il genere umano abbia un po’ la coda di paglia ?

È stata una lettura intensa, breve, molto scorrevole e ricchissima sia di spunti di riflessione che di opere da recuperare e contiene analisi molto puntuali su temi come il colonialismo e il post-colonialismo, lo specismo, l’agentività del non-umano. Io l’ho divorato e sono rimasta soddisfatta da quanto ho potuto imparare. Ha un taglio ambientalista e progressista e questo a me è piaciuto. Ovviamente la mia lista di letture da recuperare si è allungata a dismisura.

Leggilo se ami la saggistica scorrevole, prendere appunti furiosamente e scoprire nuovi libri da leggere.

Non leggerlo se pensi che la fantascienza non debba essere politica.

Post popolari