Ildegarda sotto il letto, di Chiara Nizzi

In soffitta c’era un vecchio letto senza molle.

Sotto il letto, c’era un’antica strega senza lingua.

Strisciava lì sotto, mordendo le gambe di legno a zampa di leone. I bambini avevano visto i segni dei denti, articolati e contorti come antiche scritture maledette.

Era così che avevano scoperto l’inquilina abusiva.

«Saranno stati i topi, scemi!» li rimbeccava Samantha che aveva sedici anni.

Ma Tommaso, Francesca e il piccolo Filippo sapevano bene che le persone della sua età meritano ben poco credito quando si tratta di queste faccende. Ci tengono troppo alla considerazione altrui per vedere le cose come stanno.

La mamma, che non si capiva bene cosa pensasse, era comunque di questo avviso:

«Non andate mai in soffitta da soli! Magari la strega non c’è, ma non voglio che vi accada nulla di male.»

I bambini andavano in soffitta ogni volta che potevano, senza fare rumore o accendere la luce.

Tommaso si accucciava sul letto con una macchina fotografica usa e getta e una torcia, sperando di beccare la strega mentre rosicchiava una gamba del letto.

Francesca rimaneva vicino all’uscio e sussurrava storie alla strega, senza mai guardare in direzione del letto.

Il piccolo Filippo, gattonando di buona lena, si recava in soffitta solo quando trovava la porta aperta per sbaglio. Spiava nello spiraglio e scrutava nel buio con i suoi occhi tondi, acuti come quelli dei gatti. Essendo stato l’ultimo ad abbandonare il ventre materno trovava accoglienti i posti oscuri, umidi e caldi.

Tutti e tre, comunque, tenevano sempre la porta aperta.

«Una strega in soffitta? – diceva quell’amico irritante di papà, quando veniva a cena – Ah, ma sicuro! Quella strega… non andate su a sporcarvi troppo spesso, ragazzi, o la megera vi strapperà la lingua per infilarla al posto della sua!»

E faceva l’occhiolino verso i loro genitori come se si trattasse di uno scherzo spassosissimo.

Francesca, per la verità, sarebbe stata curiosa di assistere al procedimento. Aveva persino pensato di sacrificare uno dei suoi fratellini. Magari Filippo, che tanto non sapeva ancora parlare. Oppure proprio l’irritante amico di papà. Ma non c’era mai stata una buona occasione.

Fino alla sera della tempesta di neve.

Samantha era a un pigiama party e mamma in viaggio di lavoro quando il contatore saltò.

Appena papà era arrivato con una torcia in mano, dicendo: «Vado a controllare il contatore, ci metterò un po’…», i bambini avevano capito che era giunto il momento.

Avevano aspettato che il papà sparisse, poi tutti e tre, insieme per la prima volta, avevano salito le scale della soffitta tenendosi per mano. La porta era aperta. Un lucore di luna piena proveniente dall’interno ne bagnava la soglia.

Entrando, videro che proveniva da quello che di solito era l’angolo più buio, più sporco e dove il tetto era più spiovente: là li attendeva il letto senza molle, coperto soltanto da un lenzuolo grigiastro e tarmato che riluceva come il mantello di un fantasma.

Francesca si avvicinò e bussò rispettosamente sul materasso, inspirando l’aria rancida intorno a loro. L’unico rumore udibile rimase quello dei loro respiri intrecciati nel buio, fino a quando la porta si chiuse con uno schianto e una mano invisibile girò la chiave. Per lo meno, Francesca avrebbe giurato di averla sentita raschiare nella toppa.

Rimasero immobili nell’oscurità rischiarata a malapena da quel lucore lunare.

Un cigolio e un fruscio li avvisarono che la strega stava strisciando agilmente sul letto.

Due occhi ciechi si spalancarono nell’oscurità.

Ildegarda era seduta sul suo trono tarmato e loro, come sudditi obbedienti, si accucciarono per terra al suo cospetto.

«Ciao!» disse Francesca per rompere il ghiaccio.

«In tanti ci hanno detto che non esisti…» continuò Tommaso.

Filippo strillò tutto contento.

«Già, possiamo vedere cosa c’è sotto il tuo letto?»

Per un istante, pensarono che solo un silenzio regale avrebbe accolto quelle richieste.

Di colpo, la bocca della strega si spalancò, nera e vuota come l’imboccatura di un pozzo o i cancelli di un castello. Enorme.

Sempre più enorme.

Ancora di più.

Infine i bambini udirono chiaramente una voce sibilare nelle loro teste:

«Avanti! Entrate, se vi aggrada, perché io sono l’ingresso. Attraverso di me passa la via per un altro mondo…»

Chiara ha studiato lingue e editoria all'università con l'idea di leggere quanti più libri possibile in lingua originale. Lavora in una casa editrice e occupa il suo tempo libero con viaggi e avventure (sia reali che fantastici, inventati da altri o da lei stessa).

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