Recensione: Oscuri Talenti di J.M. Miro

Charlie e Marlowe non potrebbero essere più diversi. Eppure, quando si incontrano in un appartamento nella fumosa Londra del 1882, legano subito. Ma il loro non è un incontro fortuito. Quell’appartamento di Londra è il posto dove vengono portati i Talenti, bambini dotati di strani poteri, prima di terminare il loro viaggio al Cairndale Institute, una scuola interamente dedicata a loro.

Ho finito ieri di leggere questo bel tomo (sono quasi 600 pagine) e ammetto di non capire l’hype che ci fluttuava intorno. Ma si sa che sono una vecchia ciabatta brontolona. Partiamo dalle cose che mi sono piaciute: le descrizioni. Ragazz*, le descrizioni di questo libro sono una cosa meravigliosa. Ti immergono in questo ambiente fumoso, denso di nebbia, pieno di fango e puzze orrende e tu sei felice, perché riesci a immaginarti tutto come se fossi al cinema. Mi è piaciuto molto anche il rapporto tra Charlie e Marlowe, forse l’unica relazione in cui l’autore ci ha messo un po’ di sentimento. E poi devo dire che Alice Quicke e Brynt sono personaggi veramente belli. Due donnoni potenti che non devono mai chiedere scusa, ma che si prendono cura di chi hanno intorno senza farsi un problema che sia uno.

Quella che invece non mi è piaciuta granché è la storia in sé. O forse è solo perché il romanzo è fottutamente lungo e si perde in giro in più punti. I personaggi dalla moralità grigia, per i quali si è gridato al miracolo, mi sono sembrati piatti e poco appassionanti. Forse perché ho trovato scarse le motivazioni delle loro azioni, o forse perché ero stanca e volevo solo finire il libro.

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