L’uomo alle mie spalle mi appoggiò tra le scapole una mano grande quanto un ragno australiano.
“La aspettano” disse. “Le prometto che non li deluderà.”
E detto questo mi spinse in scena.
Edizioni Hypnos è una delle prime realtà ad aver catturato la mia attenzione quando ho aperto la mia pagina Instagram dedicata alla letteratura fantastica.
Ho scoperto H.P. Lovecraft (da un romanzo del quale Hypnos prende il nome) quando andavo alle medie. Avevo trovato a casa di una mia amica “L’orrore di Dunwich” e me lo portai a casa. Fu così che scoprii la definizione di Disturbante. Sicuramente ero un’anima affine: dai Piccoli Brividi ero passata ai libri della serie dal dorso rosso della Junior Mondadori per poi cadere direttamente nel buco nero di Edgar Allan Poe (passione fortemente condivisa con mio padre).
Quindi Lovecraft fu un prosieguo logico.
Poi arrivò la tarda adolescenza che mi buttò in uno smodato consumo di thriller e gialli con protagonista una certa anatomopatologa (scegliete voi quale).
Ma sto divagando. Dicevamo…
Hypnos è una piccola casa editrice specializzata in letteratura horror e weird, e si occupa di recuperare testi classici del fantastico e − con la collana Modern Weird − diffondere il fantastico moderno anche alle nostre latitudini.
Il primo libro della collana Modern Weird che ho letto è stato “Storie della serie cremisi” di Lucio Besana.
Si tratta di una raccolta di racconti interconnessi dal carattere weird e ambientati in un mondo distopico, tetro, polveroso e freddo.
Avete presente la moda dei backrooms, quei video dove qualcuno si introduce nei retri di spazi comunitari come hotel, centri commerciali e trova spazi troppo grandi, troppo vuoti e che danno la sensazione che qualcosa di mostruoso si annidi proprio dietro il prossimo angolo? Besana, con i suoi racconti, spesso suscita la stessa sensazione.
Dei sette racconti e cinque interludi che compongono la raccolta, quelli che mi hanno colpito in particolar modo sono sicuramente “Una stagione al Teatro della Scena Rossa”, di cui avete letto uno stralcio all’inizio, e “Veglia”.
Il primo è il racconto in prima persona di un attore che viene convocato in un teatro nel mezzo del nulla come improvvisatore. Tutto il racconto è pervaso da una sensazione di terribile presagio. Ogni personaggio, ogni spazio che il protagonista incontra è fondamentalmente sbagliato e il lettore prosegue avidamente la lettura in cerca di una spiegazione.
“Veglia” invece è un racconto semplicemente mostruoso. Comincia così: “Il giorno del funerale di sua figlia, il professore si svegliò e seppe cosa fare. Uscì di casa e si mise a scavare.”.
Il racconto segue con morbosa attenzione l’ossessione di questo strano personaggio che continua a scavare per tutta la lunghezza della storia, con il lettore che si domanda quando si fermerà.
Insomma, Besana prende i fondamenti del weird e dell’eerie di Lovecraft e gli dà un twist moderno e spesso poetico, nel suo immergerti in un ambiente totalmente altro.
Consigliato a chi ama il disturbante, a chi pensa che gli autori italiani non siano capaci di scrivere fantastico (si dovrà ricredere, e non di poco), a chi pensa che l’horror sia morto negli anni ottanta.
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